IL FENOMENO EMIGRATORIO E SUE CONSEGUENZE di GIUSEPPE PIEMONTESE

In ogni epoca vi sono stati sempre dei flussi emigratori. Anzi possiamo affermare che l’origine stessa dell’uomo è il frutto di un processo emigratorio che è avvenuto moltissimi anni fa attraverso lo spostamento della popolazione dall’Africa verso l’Europa, il Medio Oriente e l’Asia, con le diverse diramazioni nelle Americhe. In altri termini le origini dell’homo Sapiens, che sostituisce l’uomo di Neanderthal, non è altro che un processo di ominazione legato al fenomeno dell’emigrazione.
Così come le grandi civiltà del passato, fra cui la civiltà mesopotamica, la civiltà assira, la civiltà egizia, la civiltà greco-romana non è altro che il frutto di scambi culturali fra i vari popoli dell’antichità.

Migranti in alto mare

 Del resto ogni civiltà nasce dallo scambio di culture fra ipopoli, di contatti di varie civiltà, che poi determinano l’identità di un popolo e di un territorio. Da tutto ciò sono sorte le grandi religioni del mondo, fra cui l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo. Infatti, possiamo affermare che il cristianesimo non è altro che l’incontro fra le diverse religioni dell’antichità, da quella egiziana a quella della religione assiro-babilonese e persiana, legata quest’ultima al culto di Zoroastro e al culto mitraico, per poi caratterizzarsi attraverso la cultura e la civiltà ebraica. Al di là di tutto ciò i flussi emigratori, sia nell’antichità che nel mondo classico,  non si sono mai fermati, anzi con il tempo essi si sono intensificati, tanto che alla fine dell’impero romano, specie in Europa, si sono verificate le cosiddette “invasioni barbariche”, da parte di popoli del Nord che si sono trasferiti verso Sud,  fra cui i popoli dei Germani, i Goti, i Visigoti, i Franchi, i Longobardi, i Normanni, che in seguito hanno creato, attraverso un processo di contaminazione e di tradizioni culturali, la civiltà europea, creando così una propria identità e una propria cultura. La stessa che, oggi, si vuole conservare, però escludendo, in maniera impropria le civiltà e le culture degli altri popoli. Questo processo di contaminazione e, quindi, di amalgamazione fra i vari popoli e le varie culture è durato per quasi mille anni, dal tardoantico fino a tutto il Medioevo (1400), caratterizzando in maniera diffusa anche il mondo orientale, tanto che l’Europa stessa è debitore, verso l’Oriente e quindi verso gli Arabi,  di diverse scoperte e conquiste nel campo astronomico e matematico.

La morte del piccolo siriano Aylan

 

La divaricazione fra il mondo europeo e il mondo orientale nasce con la modernità e precisamente con l’Illuminismo, ma soprattutto con la Rivoluzione scientifica e industriale, da cui ha origine il concetto di progresso, che diventa un elemento fondamentale nel processo di acculturazione dei popoli europei. Dalla modernità e, quindi, dall’Illuminismo nascono i principi fondamentali dell’uomo, fra cui la libertà, l’uguaglianza  e la fraternità, ma soprattutto nasce la separazione fra la religione e lo Stato, fra il sacro e il mondo laico, che è alla base di ogni costituzione dei popoli europei.

Con la modernità nasce, per la prima volta, l’ideologia utopica dell’uomo prometeico, che porterà, in seguito, l’uomo verso quella “volontà di potenza” che genererà varie forme di ideologie totalitarie, ma nello stesso tempo la modernità genererà una nuova forma di sottomissione dell’uomo verso l’altro uomo; un fenomeno che andrà sotto la denominazione di colonialismo e che porterà le nazioni europee a soggiogare quasi tutto il  continente africano, l’Asia e l’America latina. Tutto questo creerà le basi per uno sfruttamento intensivo e capillare delle economie colonizzate, tanto da rendere i territori colonizzati poveri di strutture economiche, in quanto le materie prime dei paesi colonizzati erano sfruttate e inviate verso i paesi europei.

Tutto questo ha influito negativamente sulle economie e sulla vita sociale e culturale dei paesi colonizzati. Paesi che, purtroppo, specie quelli del Medio Oriente, non hanno avuto un fenomeno simile all’Illuminismo e quindi un processo di modernità legato alla libera coscienza individuale e a principi di libertà e uguaglianza sociale. Del resto è sotto gli occhi di tutti che nel mondo islamico persiste ancora  la commistione fra la religione e lo Stato, un fenomeno che, purtroppo, crea seri problemi di crescita e di progresso sociale e culturale.

In Occidente la modernità, legata al capitalismo, ha creato le basi per la nascita del neoliberalismo e, quindi, del fenomeno della globalizzazione, che, se da un punto di vista culturale presenta dei lati positivi, per la diffusione della conoscenza e, quindi,  della comunicazione, sul piano politico-economico presenta dei limiti, in quanto tende a soffocare l’identità degli uomini e, quindi, dei territori. Purtroppo  quando una economia è legata ai flussi economici e quindi al mercato, la crescita è sempre determinata dallo sviluppo capitalistico, che ha in sé delle leggi legate al profitto ad ogni costo. Infatti, oggi, assistiamo a fenomeni che determinano, da un momento all’altro, la crisi di un territorio per mancanza di investimenti e quindi di sviluppo. Ed ecco allora che la povertà e la miseria sono legate strettamente  all’economia, ma soprattutto alla mancanza  di sviluppo e di una adeguata cultura legata al proprio territorio. Tutto ciò crea il fenomeno emigratorio e quindi lo spostamento massiccio di interi popoli alla ricerca del benessere e di una vita più adeguata. E purtroppo questo fenomeno interessa gran parte del mondo, dall’Africa al Medio Oriente, comprendendo anche il continente asiatico. Per non parlare poi della situazione nell’America latina  e, quindi, dei paesi come il Messico, il Brasile, il Venezuela, l’Argentina, ecc., dove si manifestano maggiormente fenomeni di povertà e di disuguaglianza sociale e culturale. Disuguaglianza che, oggi, tuttavia, non è presente solo nei paesi poveri, ma anche nei paesi ricchi, come gli Stati Uniti, specie dopo la crisi del 2008.

Il muro anti immigrazione

Tutto ciò è la conseguenza della fine della modernità e, quindi, del disagio della postmodernità, di cui ci parlano diversi sociologi ed economisti, fra cui A. Giddens, Z. Bauman, J. Stilgitz, U. Beck, N. Ferguson, i quali parlano di un vero e proprio “stato di crisi”, legato ad un disordine mondiale di cui stiamo assistendo sul piano politico, sociale, culturale, ma soprattutto emigratorio, che mette in serie difficoltà non solo i popoli che fuggono, ma anche i popoli che dovrebbero accoglie questa grande massa di emigranti dell’Africa settentrionale e dei paesi islamici, come la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, ecc. Un fenomeno che, purtroppo, sta creando, in alcuni paesi, dei seri problemi, tanto da giungere a creare delle vere e proprie “barriere” o “muri” di divisione, per respingere tali masse di gente disperata e senza futuro. Tutto ciò crea quel fenomeno di rigetto, che sta producendo in campo politico la nascita di partito che legano il proprio futuro e il proprio credo alla condanna e al rifiuto dello “straniero”. Partiti che si qualificano come partiti “populisti”, che purtroppo non sanno che ogni civiltà o cultura ha bisogno dell’apporto di altre civiltà e culture, e che il principio di identità non è un principio di esclusione e di difesa della propria razza.

Secondo noi, oggi, il concetto di identità deve acquistare una valenza più ampia, non specificatamente legata alle etnie o a fattori politici o religiosi di alcuni popoli o di alcune regioni del mondo. L’identità, oggi, si deve manifestare soprattutto attraverso la convivenza sociale fra i popoli, che purtroppo sono costretti ad emigrare non solo per motivi di lavoro, ma soprattutto per motivi politici e di sopravvivenza, specie là dove sono in atto i conflitti armati e le violenze quotidiane.  Infatti, oggi, si uccide in nome della propria identità e del proprio credo politico e religioso, senza tenere conto dei valori di solidarietà e di libertà dei popoli. Per questo l’identità non è qualcosa di fisso, di statico, di permanente, ma essa  è qualcosa che si evolve nel  tempo e nello spazio, legata al proprio passato e alla propria cultura. In questo senso bisogna creare una “mondo senza frontiere”, una società aperta e accogliente, secondo le proprie possibilità e le proprie valutazioni culturali e sociali. Un mondo in cui non vi siano “muri” da abbattere o “frontiere” da erigere. Un mondo, cioè, in cui l’uomo si senta  libero di affermare il proprio pensiero, ma soprattutto di vivere liberamente la propria vita, nel rispetto della sua e altrui cultura e civiltà. In altri termini un mondo condiviso, in cui ogni azione sia rapportata al significato vero del “bene comune”, che faccia superare ogni visione  in cui si privilegia di più il particolare e non il generale, l’egoismo al posto dell’alterità. Un mondo che stenta a cedere il passo al “nuovo” mondo globalizzato e multiculturale. Un mondo ricco di saperi e di nuove culture, in cui si valorizza la microstoria per condurre le nuove generazioni verso una rigenerante voglia di comunità. E  tutto questo ci porta verso la rivalutazione delle culture e delle tradizioni,  verso la sfida del multiculturalismo, del concetto d’identità, inteso non solo come integralismo sterile e chiuso ad ogni rapporto culturale, quanto ad un concetto di apertura verso l’esterno e quindi verso l’altro. Una sfida che presuppone il superamento di ogni forma di razzismo, di intolleranza, di integralismo culturale e religioso, di discriminazione etnica, oltre che di odi di parte con profonde radici nell’ambito storico-religioso. Vogliamo terminare questo nostro intervento con un pensiero del grande sociologo  Z. Bauman, teorico della “società liquida”, morto recentemente: “Bisogna assumersi la responsabilità del fare società e del creare legame sociale, in una prospettiva di azione mai definitiva, che rifiuta l’ideale di una società perfetta, ma non per questo rinuncia al diritto di spostare l’orizzonte della giustizia sociale sempre più avanti”.

 
 

*Relazione tenuta il 22 Gennaio 2018, presso la Biblioteca “C. Angelillis” di  Monte Sant’Angelo, durante la Conferenza–Dibattito a cura dell’Istituto Comprensivo “G. Tancredi-V. Amicarelli, sul tema: UN MONDO SENZA FRONTIERE: “MIGRANTI SOPRA DI NOI IL CIELO STELLATO”.

 

 

 

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>