IL BENE COMUNE FRA UTOPIA REALTÀ E BELLEZZA

Il nuovo libro del Prof. Giuseppe Piemontese
IL BENE COMUNE FRA UTOPIA  REALTÀ E BELLEZZA

BastogiLibri, Roma 2014, pp. 192, Euro 15,00

Oggi si parla tanto di delocalizzazione, di crisi di identità, di sviluppo, di globalizzazione, di fine delle grandi narrazioni, di bene comune, il tutto rapportato alla fine della modernità e all’idea di progresso inteso come sviluppo illimitato delle risorse e della scienza. Tutto ciò ha portato, in questi ultimi decenni, ad un ritorno alla realtà, ad una diversa presa di coscienza del bene comune, inteso come bene collettivo, in rapporto alla reale dimensione dell’essere uomo, non più soggetto alla logica del progresso ad ogni costo. 

Oggi, infatti, diversi intellettuali, siano essi filosofi, economisti e sociologi, stanno mettendo in dubbio l’intero processo della nostra modernità, basato non tanto su una equa distribuzione della ricchezza, quanto su una sfrenata corsa verso la globalizzazione e il libero mercato. Tale sistema economico, oggi, viene messo sotto accusa  dai maggiori economisti, come J. E. Stiglitz, U. Beck, J. Rifkin, A. Giddens, S. Latouche, Z. Bauman, i quali, nelle loro opere, descrivono un mondo in cui tutto è condizionato, non tanto dal bene comune, quanto dal bene individuale, rivolto a pochi e a danno di molti. In base a tutto ciò, quindi, si cerca di delineare una terza via, dopo quella agricola e quella industriale, per creare un nuovo modo di far politica e, nello stesso tempo, un nuovo sistema economico. Con tale intento, ultimamente, si è posta l’attenzione sul significato che i beni comuni, come l’acqua, la salute, il lavoro, la cultura, la conoscenza, il diritto alla vita, possano avere in un sistema più equilibrato e più umano. Interprete di questa nuova coscienza verso il bene comune, sono, a livello internazionale, Vandana Shiva (Il bene comune della Terra), Garret Hardin (The Tragedy of the commons ), Elinor  Ostrom  (La conoscenza come bene comune), Ray Patel (Il valore delle cose), Christian Felber (L’economia del bene comune) e da noi il giurista Stefano Rodotà (Il diritto di avere diritti), Ugo Mattei (Beni comuni. Un manifesto), Paolo Cacciari (La società dei beni comuni. Una rassegna),  Alberto Lucarelli (Beni comuni. Dalla teoria all’azione politica), Salvatore Settis (Azione popolare. Cittadini per il bene comune), ecc. Attraverso i loro studi, si fa riferimento al concetto di bene comune inteso come qualcosa che appartiene di diritto ad una specifica comunità e che, purtroppo, la storia recente ha tolto o vanificato. Così, per esempio,  il diritto a utilizzare l’acqua, oppure il diritto di utilizzare per uso personale un territorio demaniale per la propria sopravvivenza. Diritto sancito già al tempo feudale, ma che, col passare degli anni, man mano è stato abrogato attraverso l’uso delle recinzioni. Così pure il diritto alla salute, oggi compromesso attraverso l’esclusività dei brevetti da parte delle multinazionali in campo farmaceutico. E così via, per il sapere, per l’accesso alla conoscenza, per il diritto alla vita, tanto che si è parlato di una vera e propria “tragedia dei beni comuni”, che ha portato alla nascita della proprietà privata anche nel campo dei beni comuni.

Oggi, invece, si tenta di recuperare il vero significato dei beni comuni, non tanto a livello individuale, quanto a livello comunitario, in cui ciò che deve prevalere è il senso della responsabilità e dell’appartenenza. Solo così si recupera il tempo trascorso a distruggere e a vanificare il concetto di progresso, di sviluppo e  di bene comune. Quindi, dopo le grandi e totalizzanti narrazioni della modernità, che il filosofo francese Jean-François Lyotard ha individuato nell’illuminismo, nell’idealismo e nel marxismo, bisogna ritornare ad una sola grande narrazione, che è quella dello sviluppo sostenibile. Sviluppo però non solo per pochi, ma per tutti. Questa è la grande sfida che oggi attende l’uomo. Solo attraverso lo sviluppo e la crescita per tutti è possibile superare e realizzare quel grande sogno che per tutta la modernità fu il progresso, che doveva liberare per sempre l’uomo dal dolore e dal lavoro. Un’idea di progresso che per molti fu un’utopia, che è rimasta tale e di cui oggi l’uomo sente la necessità di fare sua.

Oggi, quindi, fra le grandi utopie, bisogna annoverare la coscienza di possedere il senso e la dimensione dei beni comuni, cioè di quei beni di cui l’uomo non può fare a meno, in quanto soddisfano immediatamente bisogni umani fondamentali e sono strettamente collegati a diritti inviolabili dell’uomo. Fra questi rientrano senz’altro il diritto a considerare la Terra come bene comune (V. Shiva), a lottare contro qualsiasi forma di disuguaglianza (J. Stiglitz), a combattere il saccheggio del pianeta (P. Bevilacqua), a credere nel principio speranza (E. Bloch), ad essere felici (R. e E. Skidelsky- A. Trampus), a credere in una economia umana (D. di Iasio), a ripensare l’economia per una società più giusta (K. Basu), a considerarla come bene comune (C. Felber), ad affermare il principio del diritto di avere diritti (S. Rodotà), nell’ambito di una riscoperta della dignità umana (P. Becchi). A tutto ciò si deve aggiungere il diritto all’informazione (M. Castells) e ad una democrazia rappresentativa (N. Urbinati), oltre alla cultura dell’abitare (M. Heidegger), condannando così la fine della società ad opera della globalizzazione (A. Touraine). Inoltre vi è la necessità di un ritorno vero alla Terra e ai suoi valori legati alla memoria e alla storia dell’uomo (P. Ricoeur), recuperando così il senso del tempo (M. Augé), l’abilità e la creatività dell’uomo artigiano (R. Sennett), rafforzando così quell’Amor Loci che da solo crea il senso dell’appartenenza  (P. Pileri-E. Granata), al fine di fare pace con la Terra (V. Shiva).

Quindi, bisogna ritornare al senso vero della bellezza, intesa come movimento e come eros, cioè amore per la vita in generale. Ma, alla base di tutto ciò vi è il senso dell’appartenenza, che si acquista solo attraverso la conoscenza del proprio territorio, del proprio passato, sia esso ambientale (M. Manicone), storico (G. Otranto),  poetico-letterario (C. Serricchio), musicale (M. Salvatore) ed artistico (M. Kolivà, Z. Issa, G. Testa, U. Urbano, C. Insalata, S. Guerra, G. Trombini, A. Faccincani). Infatti, oggi solo l’arte  ci può far scoprire l’Anima Mundi, cioè l’anima del mondo (J. Hillman), la sua bellezza, la cui dimensione è essenziale per capire il presente e progettare il futuro.

C’è bisogno, quindi, di riprendere, con una nuova logica e una nuova coscienza,  una nuova narrazione del mondo, ma specialmente dei beni comuni, che è stata interrotta con la nascita della modernità. Solo superando e convogliando le energie e la forza creativa dell’uomo, in una nuova narrazione, basata sull’uguaglianza e sulla libertà, oltre che sullo sviluppo sostenibile, che significa innanzitutto durevole, è possibile creare un nuovo mondo, che abbia come stella polare la bellezza intesa come utopia che si fa realtà. Solo così è possibile conquistare quel senso di appartenenza alla Madre Terra.

 

                                                      GIUSEPPE PIEMONTESE

 

 


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