LA “CITTADELLA MICAELICA”

Quando parliamo di patrimonio culturale bisogna essere convinti che esso appartiene innanzitutto alla comunità, in quanto fonte e base della cultura di un popolo, di un territorio. Inoltre il patrimonio culturale deve essere considerato la base su cui fondare lo sviluppo locale, in quanto esso rappresenta un capitale da sfruttare a fini culturali, sociali ed economici. In altri termini, se prendiamo per

esempio il patrimonio culturale della città di Monte Sant’Angelo, che oggi si identifica principalmente nella “cittadella micaelica”, esso è innanzitutto un patrimonio locale, prima di essere nazionale o mondiale, e il suo uso è riservato a chi lo detiene, ai proprietari in senso giuridico, all’amministrazione pubblica in senso politico e alla comunità in senso morale e culturale. E la gestione dovrebbe essere il frutto di più attori presenti sul territorio. Nel caso specifico della “cittadella micaelica”, che in questi mesi ha visto l’attenzione di molti studiosi ed operatori tecnici nel portare a termine i lavori di restauro di adeguamento funzionale e di valorizzazione dei suoi monumenti principali, come il Santuario di San Michele, con le sue porte di bronzo (1076),  la Chiesa della Libera, la Tomba di Rotari, la Chiesa di San Pietro  e la Chiesa di Santa Maria Maggiore, con i suoi affreschi, il discorso non è tanto la conservazione, quanto la gestione di essi e quindi la valorizzazione e la fruibilità culturale, che devono essere viste nell’ambito di un Piano di sviluppo locale, in cui si contempli in maniera adeguata il binomio cultura e turismo. In questo caso si tratta di un’applicazione particolare del concetto di sussidiarietà, per cui la gestione dovrebbe essere fatta il più vicino possibile ai creatori/detentori del patrimonio, non separabile dalla vita stessa della comunità locale. In questo senso il ruolo delle istituzioni è quello di sensibilizzare, facilitare, educare, mettere in contatto, pubblicizzare, gestire in funzione dell’interesse generale. Nel caso specifico della “cittadella micaelica” ci troviamo a gestire un complesso monumentale di particolare interesse culturale, che rappresenta il cuore stesso della città, la sua specifica identità storico-religiosa, rappresentata innanzitutto dal santuario micaelico, che dal 2011 è diventato Patrimonio Mondiale dell’Umanità, e dagli altri monumenti, fra cui la Tomba di Rotari (sec. XI), la cui storia è legata al genio creativo della comunità locale e la Chiesa di Santa Maria Maggiore (sec. XII), espressione unica e irripetibile del romanico-pugliese.  Così come unico è il patrimonio del centro storico, che fa parte integrante della buffer zone del Santuario e quindi oggetto di considerazione da parte dell’UNESCO.

Certamente la conservazione di questo patrimonio, non è un obiettivo, ma un mezzo per porre questi “beni comuni” al centro di un Programma di sviluppo locale, che includa innanzitutto la loro valorizzazione, in una completa sinergia con il territorio, visto come un “organismo vivente” composto da varie stratificazioni culturali non solo di ordine storico-artistico, quanto socio-economico, di cui il territorio è capace di esprimere. In altri termini il patrimonio culturale deve essere funzionale  non solo a se stesso, ma all’intero sviluppo locale e territoriale. Ma per far si che questo avvenga c’è bisogno di un’attenta e attiva partecipazione della comunità alla vita sociale, politica e culturale della città. In questo senso c’è uno stretto rapporto fra patrimonio culturale e sviluppo locale. L’uno non può prescindere dall’altro. Del retto sappiamo che ogni cambiamento in positivo non viene da ciò che uno ha, ma da come questo viene usato e gestito. In questo senso il patrimonio culturale sarà dinamico, solo se avrà dato origine a seri cambiamenti nella organizzazione sociale della città e nel promuovere un vero e duraturo sviluppo locale. Afferma  a tale proposto Patrick Geddes, pioniere dell’ecologia urbana ed uno dei maggiori urbanisti e pianificatori di città:   “Lo sviluppo e il futuro della città procedono dall’interpretazione del passato e dalla conoscenza del presente che permettono di conoscere le opportunità offerte dal luogo e di valorizzarle secondo un nostro disegno. Il processo d’interpretazione e conoscenza è anche il processo di formazione della cittadinanza, concepita non tanto come canestro di elementari diritti sociali – l’istruzione, la casa, il lavoro, la salute ecc. – quanto e soprattutto come condivisione di speranze e valori collettivi, colti nel passato e nel presente per proiettarli nel futuro. Il riconoscimento di questi valori avviene, per il passato, nell’interpretazione della storia dei monumenti e del paesaggio, la loro rappresentazione avviene sia praticamente nei piani e nei progetti, sia simbolicamente nei grandi eventi collettivi”. E inoltre: “Il perno di ogni processo sociale è il partecipare consapevolmente della  Creazione  evolutiva”. In questo senso mi riallaccio ai contenuti e ai principi che hanno ispirato la Convenzione di Faro (andata in vigore nel 2011), in cui si afferma che il patrimonio culturale appartiene innanzitutto alla comunità e come tale essa deve partecipare ed essere attore principale nella sua gestione e nella sua valorizzazione.

La partecipazione comporta il radicamento del tempo nello spazio, e il radicamento della politica, comunque intesa, nella natura, intesa come paesaggio e quindi, come patrimonio culturale. Una riflessione sulla società è possibile solo se la si coglie nei rapporti con l’ambiente in cui è insediata. In questo senso, bisogna riacquistare il concetto di cittadinanza,  inteso come “processo sociale, un insieme di pratiche, un’esperienza e un’attività di cittadini che agiscono per ridisegnare diritti, doveri e forme di appartenenza”. E oggi, purtroppo, in questa fase politica della città di Monte Sant’Angelo, si ha il bisogno di riacquistare il senso civico della cittadinanza.  Per fare questo non ci vogliono profonde alterazioni dell’esistente, né modifiche di luogo o di proprietà, ma una nuova mentalità gestionale del patrimonio culturale, e quindi della nostra stessa città,  intesa come “bene comune” e come fonte di iniziative e creatività da parte dell’intera comunità locale.

 

 

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>